Felici di essere infelici

E’ proprio questo uno dei (primi) drammi della vita: la campana di vetro, anzi la sua, inevitabile, il più delle volte improvvisa e dolorosa scomparsa. Una scomparsa che ti mette di fronte alla vita. A te stesso. Alla tua inadeguatezza. Se vuoi “sopravvivere” devi velocemente capire le nuove regole, adattarti, entrare nel “gioco”. Come in tutti i giochi, la partita è fatta di giocatori. Alcuni di questi saranno corretti verso i propri avversari. Altri invece risulteranno essere competitivi, desiderosi di vittoria e per ottenerla faranno di tutto, compreso il giocare “sporco”. La vita è anche questa, “non sai mai chi fotterai tu o chi ti fotterà ma è troppo eccitante per non farne parte”. A volte tutti noi finiamo per ferire. Volontariamente o involontariamente.

Le società non sono mai state “sane” e difficilmente questo cambierà. L’uomo non diventerà responsabile di fronte agli altri perché non è responsabile verso sé stesso. La storia ci ha mostrato questo. Le vite che si conducono oggi sono fatte di un grande vuoto. All’ordine del giorno ci sono: la solitudine, i cuori chiusi, le paure, psicanalisti, farmaci, illusione di avere una vita, la rassegnazione, la rabbia, il dolore e la disonestà (soprattutto verso sé stessi).

E’ triste vivere in un mondo in cui le persone sono assenti anche quando presenti. Non c’è più il desiderio di “scoprire” il prossimo, di parlare o ascoltare. La spontaneità ha ceduto il posto alla indifferenza. Come se fossimo anestetizzati. Recitiamo costantemente ruoli socialmente accettati e se ci rifiutiamo di sottostare alle regole veniamo etichettati come quelli “strani”, misteriosi, finiamo per fare paura, perché il “diverso” fa paura. Non c’è più la personalità e neanche il coraggio di dire ciò che realmente si pensa. C’è infelicità che alla fine della giornata paradossalmente rende pure felici, si tratta di una categoria di persone che io definisco “felici di essere infelici”. Il loro numero è in costante e pericoloso aumento.

E allora che senso ha in questo catastrofico scenario dare il meglio che possiamo se intorno a noi c’è il peggio? Dare il meglio è una scelta di vita. È un atto di amore verso sé stessi. È responsabilità. Il rapporto più difficile non è con gli altri ma con noi stessi. Facciamo del nostro meglio per provare quella impagabile sensazione di pace interiore, serenità e consapevolezza di avere fatto tutto quello che era nelle nostre possibilità. Per sentirci bene. E, a mio parere, non dobbiamo mai smettere di farlo. In conclusione: bisogna semplificare, non complicare. Accettare quello che non possiamo cambiare e cambiare quello che possiamo. Amen.